La possibilità di comunicare tramite uno scambio di energie e vibrazioni: questa è la caratteristica della musica che ha da sempre maggiormente attirato Antonio.
Ciò ha comportato una spontanea maturazione nell’approccio alla musica che Antonio ha costruito negli anni, inglobando sempre di più la componente compositiva e di arrangiamento alle conoscenze prettamente chitarristiche che fanno parte del suo bagaglio musicale, arricchendo così la sua consapevolezza e potendo, di conseguenza, comprendere le dinamiche all’interno dei processi musicali (e, di riflesso, emotivi) che governano questi scambi tanto intensi da risultargli quasi tangibili.
L’obiettivo della musica di Antonio è proprio quello di trasmettere le stesse energie e vibrazioni che negli anni lo hanno accompagnato sorprendendolo, incuriosendolo ed emozionandolo, sia in contesti musicali che non.
Ciò è ricercato tramite un utilizzo molto sentito e personale di concetti musicali a volte semplici, a volte estremamente complessi: ciò che conta è che, in entrambi i casi, la volontà di esprimersi con un vocabolario musicale variegato e ricco di sfumature fa da padrona, sfruttando la ricercatezza di alcuni passaggi come tramiti per guidare al meglio l’ascoltatore verso la direzione che la composizione predilige, e non come freddo sfoggio di conoscenze arzigogolate.
Durante gli studi al Conservatorio di Mantova, Antonio scopre ben presto la sua attitudine per la composizione e l'arrangiamento, portando la sua musica a seguire un'indole orientata verso questi due aspetti più che verso lo strumento stesso. I suoi brani sono caratterizzati da atmosfere dove il calore del jazz/pop contemporaneo fa da guida attraverso sonorità formate da textures moderne e singolari, frutto di una costante ricerca e sperimentazione tecnica e compositiva.
Il primo brano è un arrangiamento a più chitarre di una fra le prime composizioni scritte da Antonio: “Castelli di Sabbia”. Con questo arrangiamento si vuole esplorare l’eterogeneità armonica, l’attenzione alla condotta delle parti e ai movimenti delle diverse voci, coniugando il tutto con una vastità sonora e timbrica tanto profonda, quanto al servizio della composizione stessa (l’arrangiamento in questione è stato il frutto di un’elaborazione successiva, in quanto il brano nasce come composizione per sola chitarra elettrica).
La condotta delle parti è un topic che si palesa molto esplicitamente anche in “Due Voci”: qui due chitarre elettriche seguono un andamento contrappuntistico che ha diversi richiami alla musica classica (spesso utilizzando, però, armonie e sonorità moderne).
“D.” é l’unico brano del disco che sfrutta un ensemble composto non esclusivamente da chitarre (ma anche da pianoforte, tastiere, organo, contrabbasso, basso elettrico e batteria). Qui è possibile ritrovare, mano a mano che le sezioni del brano si susseguono, lo spirito Hard Rock di Antonio (che l’ha accompagnato soprattutto durante la sua
adolescenza) e sentirlo comunicare con le influenze più Jazz e contemporanee che l’hanno formato durante gli ultimi cinque anni.
Il disco si conclude con un brano per sola chitarra acustica che, sia per composizione che per metodo di registrazione, vuole essere il punto più intimo e delicato del disco. Ciò è stato perseguito tramite una scrittura che alterna momenti nei quali le corde vengono pizzicate ad altri nei quali vi è un largo utilizzo del plettro, seguendo le dinamiche e le intenzioni del brano non solo armonicamente, ma anche ritmicamente (con ricorrenti rallentando e accelerando che si avvicinano maggiormente a una conduzione del tempo più legata alla musica classica che a quella contemporanea).
Cabezon è una piccola etichetta discografica nata a Verona nel 2011. Il suo intento è semplicemente quello di contribuire a
dare uno slancio di vitalità a questo paese prima che imploda per sempre, cercando di sfornare buona musica e creare legami artistici ed umani che possano durare anche in una vita extraterrena.
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